Mountain Bike Val Clavalitè: Fenis – Grand Arpaz

Se qualcuno avesse bisogno di capire cosa significhi la parola “salita”, non perderei ulteriormente tempo e gli consiglierei di farsi la pedalata Fenis – Grand Arpaz, in Val Clavalitè. Se fosse un amico, al suo ritorno, mi ritroverei con un nemico in più.

C’è veramente poco da dire su questa arrampicata in Val Clavalitè. Il posto è semplicemente magnifico, soprattutto quando smetteranno di sbancare l’argine del fiume, quando rimetteranno a posto tutti i disastri fatti con le ruspe e questa splendida nicchia nascosta ritornerà ad essere tranquilla, ed a rimanere al riparo dal turismo di massa. C’è anche da augurarsi che non venga ulteriormente asfaltata l’interpoderale, che ha già ceduto un buon 5 km di sterrato, rispetto alla mia prima “eroica” salita.

Salita, dicevo, mostruosa. L’itinerario prevede in partenza due possibilità. Salire da Fenis seguendo la carrozzabile asfaltata che, ben indicata, sale con una serie di tornanti lungo la destra orografica della valle, oppure da Pommier, seguendo per un paio di chilometri la salita per Laycher, per imboccare uno sterrato che porta, alla lunga, ad un ponte ricostruito di recente dopo l’alluvione del ’94.

Qualsiasi sia la scelta si va a morire! Io sono salito dall’asfalto non sapendo della ricostruzione del ponte, comunque ben ricordando l’impressionante rampa appena dopo di esso. In ogni caso l’alternativa si congiunge alla strada asfaltata, in un tratto dove si arriva a pendenze del 18%. Il guaio è che non sembra …

Un po’ prima di entrare nel decimo chilometro, la strada diventa sterrata, per qualche centinaio di metri la salita concede respiro, e solo dopo l’incontro della prima casa al secondo tornante sterrato, incomincia il vero massacro. Una serie di sciabolate secche incominciano ad alternarsi a brevi tratti più dolci, fino ad arrivare ad un bivio, che introduce al “chilometro maledetto”. Questa porzione d’itinerario non sono mai riuscito a pedalarla! Ogni tentativo di colpo di pedale si è sempre trasformato in un’impennata dell’anteriore. Impossibile poi cercare di aiutarsi alzandosi dalla sella. Allora, e cito il mio amico/collega Vallino da Strambino, qui metto il rapporto 43+43 (numero di scarpe) e salgo a piedi fino a quando la salita rimane bestiale.

Clavalitè: tregua! Addirittura discesa. Lo splendido pianoro proprio in centro alla valle, a circa 1500 metri d’altezza, è uno di quei luoghi che ti riconciliano con la vita. Una serie di splendide case ti fanno invidiare chi ha la fortuna di poter soggiornare in un luogo del genere. Guardandomi attorno noto addirittura che si vede il Cervino, una volta superata la metà del pianoro. Ho sempre trovato giornate grige durante le precedenti visite: è la prima volta che posso godere di una simile vista.
Per le ben noti “leggi di Murphy” di li a poco le batterie della macchina fotografica lasceranno a secco, impedendomi di terminare il “servizio” fino al Grand Arpaz. E’ scritto nelle pagine della sfiga.

E’ importante sapere che la Clavalitè, la zona alta, è una riserva privata di caccia. Capito? Non importa di chi. Ciò che conta è che si è ospiti in una zona “privata”. Ho avuto noie soltanto una volta con un “guardiacaccia privato”. Era una giornata in cui l’attività venatoria era aperta e la presenza di due bikers colorati infastidiva uomini e bestie. E i fucili, le bestie non li patiscono? Sempre felice di fare una cattiva azione, terminato il vasto pianoro di Clavalitè, risalgo l’erta, ma completamente pedalabile terza parte dell’itinerario, in piena zona di caccia, soprattutto se scopro che “disturbo” gli animali.
Un provvidenziale quanto visibile cartello in legno indica chiaramente la strada per il Grand Arpaz. Tre secchi diagonali, serviti da riposanti tornanti portano ad un balcone naturale su Clavalitè ed il prospicente versante Valdostano di Saint Barthelemy.

La strada riprende a salire, duramente. Ancora un brevissimo tratto a piedi, poi solo rampe più o meno secche portano all’ultimo ponte, che introduce al pianoro finale. Piccole e poco visibili, in fondo ad esso, giacciono le casere del Grande Arpaz. Si raggiungono evitando un bivio, che porta ai casolari dell’Eyelè (vedi itinerario n. 1). L’ultima grande fatica è per arrivare al traguardo.

La discesa è una folle corsa su Fenis, interrotta dalla brusca risalita del catino di Clavalitè. Nel “chilometro maledetto” i freni bloccano le ruote, ma la pendenza è tale che si riesce a scendere, a causa dell’inerzia! Il resto è nuovamente folle corsa verso Fenis.

Itinerario

Partenza: da Fenis (ampio parcheggio antistante l’ingresso nel paese) oppure 2 km oltre Pommier, dalla prima interpoderale che lascia la salita asfaltata verso Laycher (vallone del Piller – o salita della Crono Crin).

Itinerario: superba salita dai toni atletici sostenuti. Se si decide di partire da Fenis si percorrono circa 9 km di asfalto prima di incontrare lo sterrato, mentre da Pommier si incontra prima lo sterrato, si sale fino ad attraversare un ponte sul torrente, poi si superano durissime rampe sterrate per poi ritornare sull’asfalto … non faccio più questa variante da un po’ di tempo, perchè detto ponte era stato distrutto dall’alluvione del 94.
Una volta terminato l’asfalto la strada tende a concedere una breve tregua, per impennarsi 200 m. dopo la prima abitazione sullo sterrato. Improvvise raffiche di salita impegnano notevolmente il ciclista, alternando brevi tratti in piano, primaPersonalmente, come ho già scritto nel sito, non sono mai riuscito a pedalare il “chilometro maledetto”, che porta a Clavalitè. E’ una rampa che ho visto poche altre volte, per durezza, continuità, pendenza … neanche la temibilissima salita della Bettaforca (un 20% di pendenza media) è paragonabile a questi 1000 metri di autentico delirio inclinato!
Una volta raggiunto Clavalitè si può rifiatare un pochettino attraversando il pianoro. Completato il bacino, la strada riprende a salire gradatamente, a partire dalla casa dei guardiacaccia. Supera un bivio segnalato, aumenta nuovamente le pendenze e riprende a salire lungo i fianchi di un bosco. Finiti 3 evidenti diagonali si può godere ancora della vista Clavalitè, per poi inoltrarsi in direzione Grand Arpaz. Il vallone si stringe notevolmente e la strada segue, grossomodo, il torrente, sempre alternando pendenze a tratti di riposo.
Superato l’ultimo ponte, l’interpoderale si calma per un paio di chilometri, fino a raggiungere l’ultima fatica: l’erta del Grand Arpaz. Si lascia sulla sinistra il bivio per l’Eyelè e la sua terrificante salita (si sprecano gli aggettivi di questo genere in Clavalitè!) e si prosegue sulla strada sempre più incerta. Gli ultimi metri sono difficilmente pedalabili, soprattutto dopo tutto quello che si è fatto prima! In quasi 20 km si giunge quindi al Grand Arpaz.

Cartografia. Istituto Geografico Centrale – Il Parco Nazionale del Gran Paradiso – F. 3 – Scala 1:50000

Impegno fisico: come si è potuto intuire è una salita di notevole dispendio di energie. E’ consigliabile non forzare troppo nella parte bassa, per poter godere almeno del tratto terminale, che è comunque impegnativo! Sconsiglio vivamente questo itinerario a principianti, poco allenati e cardiopatici.

Acqua: a Fenis, Pommier, prima di arrivare a Clavalitè (presso una casa leggermente scostata dall’interpoderale ed una fontana dallo sgocciolio avaro), ed un paio di fontane a Clavalitè.

Prestare particolare attenzione a: la discesa. E’ velocissima ed invoglia parecchio, date le ottime condizioni dello sterrato. Il “chilometro maledetto” è veramente pericoloso nel caso in cui siate lanciati e vi trovaste improvvisamente davanti un camion o un fuoristrada!
Sconsiglio di intraprendere questo itinerario prima di Giugno, perchè c’è la possibilità che uno scarico di valanghe ostruisca l’ingresso al pianoro terminale, proprio a pochi metri dall’ultimo ponte. Tale deposito di neve è comunque passabile, ovviamente con qualche difficoltà.
Ultimo aspetto importante: informatevi quando è aperta la caccia. Se non ricordo male a partire dall’ultima settimana di settembre nei giorni giovedì, sabato e domenica. Potrebbero farvi questioni i guardiacaccia della tenuta, anche se legalmente non è possibile impedire il passaggio a chiunque in territori di alta montagna su sentieri o strade!

Vie d’uscita: ritorno sull’itinerario di salita.